Il Pianeta Proibito (1956) di Fred McLeod Wilcox

ForbiddenplanetposterIl Pianeta Proibito è ritenuto a tutt’oggi il miglior film di fantascienza degli anni ’50. Il successo venne soprattutto dai risvolti classici della vicenda, attinta direttamente da La Tempesta di Shakespeare; ma anche per gli effetti speciali (strabilianti per l’epoca) curati in parte dalla Walt Disney. A quasi cinquant’anni dalla sua uscita, corrono voci che la DreamWorks di Steven Spielberg stia preparando il remake di questo classico della fantascienza interpretato allora da Walter Pidgeon e da un irriconoscibile (e più serio) Leslie Nielsen. Le notizie frammentarie dicono che i diritti dell’opera originale del 1956 sono stati acquistati da Mike De Luca, nuovo direttore della DreamWorks, dopo essere stati per diciotto mesi chiusi a chiave negli uffici della New Line. A inizio 2009 è stato annunciato un remake, con Joel Silver alla produzione e la sceneggiatura di J. Michael Straczynski, ma il progetto non è stato sviluppato oltre. La vicenda originale prevede lo sbarco di un equipaggio terrestre alla ricerca di un team di scienziati e coloni scomparso sul pianeta Altair IV. L’adattamento è un’impresa alquanto difficile, se si pensa che il film divenne ben presto un mito, tanto da aver dato vita ad vari tentativi di imitazione (mai però accreditate dall’idea originale) e di essere stato fonte di innumerevoli citazioni: non ultima quella inserita nel romanzo “The Tommynockers” di Stephen King.

Space-opera brillante e intelligente, Il pianeta proibito costituisce per gli anni Cinquanta quello che film come Guerre Stellari o Incontri ravvicinati del terzo tipo rappresenteranno per gli anni Settanta, fissando nuovi parametri nell’immaginario del cinema di fantascienza. Robbie il robot, gli immensi laboratori dei Krell (ai quali fanno eco i vertiginosi interni della Morte Nera in Guerre Stellari), le scene interplanetarie che aprono il film (molti dei modelli ed effetti impiegati verranno ripescati e utilizzati in produzioni future), persino il disegno degli abiti e delle armi stabiliscono nuovi punti di riferimento per il genere. Tutto sommato, questo film abbraccia quasi tutti i temi, i personaggi e i cliché tipici del cinema di fantascienza: dall’esplorazione spaziale all’avventura, dall’ipertecnologia ai rischi dell’onniscienza, dal mostro al robot, dalla pupa spaziale alla macchietta comica, dallo scienziato folle all’eroe e, sia pure di riflesso, all’alieno. E’ inoltre una pellicola che trae ispirazione dalla fantascienza letteraria del suo tempo (l’impossibilità del robot di nuocere a un essere umano, ispirata alle leggi della robotica asimoviane, l’utilizzo di vocaboli tipici della narrativa)… La civiltà perduta dei Krell, abissalmente superiore alla nostra ma non per questo immune agli stessi pericoli, viene presentata di riflesso dalla loro tecnologia; dalla forma delle loro porte, invece (un grosso pentagono basso e tozzo), possiamo intuire la loro conformazione fisica. Il mostro generato dal subconscio di Morbius, una suggestiva animazione realizzata presso gli studi della Disney, si intravede solo nel momento in cui attraversa il campo di energia intorno alla nave, invisibile come il subconscio è celato alla coscienza umana. (M. Carità)

Come già menzionato il film è stato influenzato dalla commedia La tempesta di Shakespeare, ma se la trama ha ben poca corrispondenza, si possono invece rilevare similarità tra i personaggi, in particolare: Prospero = dr. Morbius; Miranda = Altaira; Ariel e Caliban = robot Robby. Le ambientazioni ricordano in qualche modo quelle di un altro classico: Metropolis. Per gli spettatori coevi alcune delle tecnologie impiegate nella navicella spaziale erano interessanti, sia per il confronto con le tecnologie reali sia per l’influenza prodotta sulla successiva fantascienza. L’astronave dispone di un non meglio specificato sistema di propulsione interstellare ad altissima velocità, ma la navigazione avviene manualmente. Anche il fatto che, nella parte finale del film, sia il robot Robby a guidare la nave è una novità. La teoria della relatività postula che superare la velocità della luce sia impossibile (anche se sono in seguito state teorizzate altre possibilità, come i wormhole), e pensare di guidare manualmente una nave spaziale sembra assurdo, nell’epoca dei computer.

Robbie The Robot 2Il robot Robby fu l’oggetto scenico cinematografico più costoso mai costruito all’epoca e fu successivamente impiegato anche nel film Il robot e lo Sputnik. Divenne anche un giocattolo molto popolare, ed è in qualche modo un antesignano di tutti i robot dei film di fantascienza. Fece una piccola apparizione anche nel film Gremlins nel 1984, visibile sullo sfondo durante una conversazione telefonica all’incontro degli inventori. Tra le sue rare apparizioni cinematografiche successive ricordiamo anche Le ragazze della Terra sono facili (1988) e Looney Tunes: Back in Action (2003). Sul piccolo schermo Robby è apparso in tre episodi della serie TV cult Ai confini della realtà, in uno dei quali rivestiva addirittura il ruolo di protagonista. Il robot appare inoltre in un episodio della serie poliziesca Colombo, dove è una semplice macchina costruita da alcuni ricercatori di un’industria elettronica, scena di un omicidio. Pur non parlando, l’automa si rivela la chiave risolutiva delle indagini dell’eccentrico detective italoamericano. E’ apparso anche in un episodio de La famiglia Addams intitolato “Il piccolo aiutante di Lurch” trasmesso per la prima volta il 18 marzo 1966. Robbie era il robot che Gomez realizzava per dare una mano a Lurch nei lavori domestici e che si rivelava “troppo bravo”, rendendo Lurch inutile e depresso.